Oggi a tutti gli inner travellers una sfida creativa: se dico intimità, quale immagine vi appare, così, senza pensarci su? Qual’è il primo cassetto dei ricordi che si apre?
Intimità è una parola bellissima, che spesso non sappiamo più usare, non capiamo veramente cosa significhi. E’ la grande incompresa, la parola travisata, la gemma preziosa che nel tempo è stata trasformata, rivestita di molti strati per cammuffarla da ciò che non è. Merita spazio, merita riflessione, merita un momento tutto per sé.
Cominciamo da qui: intimità non ha nulla a che vedere con la lingerie, o con inconfessabili pensieri, non ha nulla a che vedere col sesso, ma molto a che vedere con l’amore. In un tempo in cui le parole vengono prese e manipolate in tutti i modi, tagliate, sintetizzate, sporcate, l’intimità reclama di essere compresa e onorata. Proviamo quindi a comprendere.
Per alcuni di noi la prima immagine che appare sarà legata alla sessualità, se siamo più fortunati alla sensualità, quella dimensione in cui i corpi diventano arte creativa, scoperta, comunicazione, apprendimento. Perché per molti di noi questa è il primo cassetto che si apre, sentendo questa parola? La chiave, come spesso accade, sta nella forma-pensiero collettiva, in madre cultura e nel suo bisogno di ridurre ciò che è immenso e sacro alla dimensione basilare del comprensibile. Così le mutande diventano “l’intimo” e vai con sapone intimo, carezze intime, chi più ne ha più ne inventi. Così la povera intimità viene chiusa in questa scatola e non riesce più ad uscirne, ma cosa accade se la liberiamo? Se la lasciamo espandere nel suo vasto significato? Le immagini cambieranno: forse vedremo una persona che legge un libro, con una tazza di tè accanto, davanti al camino, due amiche che inventano un linguaggio tutto loro, o due innamorati che si scaldano i piedi uno con l’altro sotto le coperte. Forse anche i cassetti delle nostre orecchie si apriranno e sentiremo il canto delle cicale quella volta che sedevamo soli, in pace, sotto un albero, o ricorderemo l’emozione nel sentire la voce di un amico che ci racconta qualcosa di molto personale confidando nel fatto che sappiamo davvero ascoltare. I cassetti della nostra pelle si apriranno, su quella volta in cui ci siamo avvolti in un asciugamano morbido e profumato, nella stanza da bagno calda, mentre fuori pioveva, o su quell’altra volta in cui una persona a cui vogliamo bene ci ha messo una mano su una spalla e con quel gesto ci ha detto più di mille parole. E il cassetto del nostro gusto? Quella volta che da soli, ci siamo fermati in un caffè a mangiare il bignè alla crema che desideravamo tanto? Quella volta che il nostro compagno ci ha cucinato il piatto preferito?
L’intimità vive di sensi e di emozioni, ci viene a trovare quando siamo soli, con la persona amata, con un amico, con un figlio o una mamma, con un gruppo di amici, con un animale o un albero. E’ comunicazione profonda senza parole, che non ha nulla a che fare con segreti o cose da nascondere, ma che a volte aiuta i segreti ad essere condivisi con qualcuno, e le cose che pensiamo siano innominabili a venire fuori per essere onorate, capite e condivise.
L’intimità è un prezioso strumento dell’anima per rigenerarci e raccoglierci, ci fa visita quando stiamo bene, quando siamo in equilibrio, quando siamo in contatto profondo con l’anima stessa. Spesso nel caos delle nostre giornate dimentichiamo di darle spazio, e la nostra anima ne soffre, poiché gli esseri umani, nella loro esperienza incarnata, hanno invece estremo bisogno di intimità, con sé stessi e tra loro. Abbiamo bisogno di intimità con noi stessi, nella nostra solitudine, per ascoltarci e coccolarci, abbiamo bisogno di momenti di intimità con la persona che amiamo, e con il gruppo di persone che per noi sono importanti. Se non preserviamo questi spazi nelle nostre vite e li riempiamo tutti di cose da fare, di social network (spazio in cui per eccellenza c’è tanta condivisione di opinioni e informazioni, e zero intimità) di stimoli, di contatti superficiali, inizieremo a provare un disagio sotto soglia che non riusciamo a identificare, un’irrequietezza fastidiosa che non sappiamo come calmare. Il motivo è semplicemente che non abbiamo più spazi di intimità: gli unici spazi che ci permettono di tornare a casa, a noi stessi.
L’invito a tutti gli inner travellers perciò è questo: ci va di riprenderci la nostra intimità? Come possiamo farlo? Da quanto tempo non le diamo spazio, non sentiamo che ci chiama per riportarci a casa? Possiamo essere creativi, un bagno caldo può diventare una porta sull’anima, una carezza in più o uno sguardo di intesa mentre facciamo l’amore può diventare una porta sull’anima dell’altro, perché privarcene? chi ci ha convinto che intimità è una parola poco importante, da relegare nell’etichetta di un detergente? Io sarei per una pacata ribellione che passa attraverso la sfida da equilibrista di trovare momenti di intimità sia con noi stessi che con gli altri, anche nella fretta delle nostre giornate, anche tra mille impegni, sia che viviamo in campagna o in città, con la famiglia o in una comune. L’intimità non verrà a trovarci se non la inviteremo e oggi mi ha detto “magari scrivilo” e così ho fatto.